Ma quanto durerà questo caldo?

Ma quanto durerà questo caldo?

🌍 Ma questo caldo quanto dura? 🌡

E’ la domanda che ormai tanti di voi ci stanno ponendo da giorni… ma per quanto ancora ci porteremo a dietro questo caldo estivo?

La risposta non è semplice e non lo è perché un vero e proprio termine non c’è. Su tanti media si era letto a gran titoloni che l’Estate sarebbe finita definitivamente con l’arrivo del ciclone Elias, ma è stato troppo prematuro e quei titoli si sono rivelati “ancora una volta” degli acchiappa like e nient’altro.

Mai dare per sconfitto il caldo estivo solo per l’arrivo di una perturbazione. Quest’anno abbiamo anche “El Nino” che detta legge su una buona fetta del globo e il Canada brucia ancora ininterrottamente da Aprile. Anche la neve sulle Alpi faceva notizia (come se la neve sulle Alpi a fine settembre fosse un evento eccezionale), ma nei prossimi giorni c’è da scommetterci che verranno abbattuti dei nuovi record negativi in alta quota per il mese di ottobre.

Fino ad almeno il 4 di Ottobre saremo in balìa di flussi d’aria calda di matrice africana che saliranno dalle coste dell’Algeria e Marocco verso Spagna e Francia. Purtroppo il nord-Italia non sarà più di tanto ai margini di questo attacco. Per un po’ ci è andata bene con i flussi d’aria freschi in arrivo dall’est Europa grazie all’Anticiclone delle Azzorre, ma nel fine settimana e primi giorni della prossima settimana il flusso caldo farà sul serio anche da noi. Facilmente toccheremo la soglia dei 30°C in Pianura con qualche puntina poco sopra. Valori non eccezionali se fossimo in Agosto, ma terribili per Ottobre.

Passato il 4 di Ottobre (se i modelli resteranno in linea con quelli attuali), potrebbe arrivare un po’ di fresco, ma ci dovremmo mantenere ugualmente poco sopra la media del periodo e con scarse piogge.

Insomma… per farla breve: è ancora presto per le caldarroste, meglio aspettare che si raffreddino.

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utuDott. Matteo Benevelli

Perché oggi piove da oriente verso occidente?

Perché oggi piove da oriente verso occidente?

🧑‍🏫 Perchè la pioggia arriva da oriente? 👨‍🏫

Effettivamente non eravamo più abituati a vedere la pioggia arrivare da quella zona dell’Appennino. Ma non è certamente qualcosa di strano.
Anche in questa occasione la colpa è da cercare nel nostro Crinale e più in generale nell’alto tratto di Montagne che va dal Cimone a confine tra appennino parmense e piacentino.
Il vortice di bassa pressione che si è formato nel mar di Liguria spinge flussi di aria umida e instabile contro il l’Appennino tosco-emiliano e come spesso capita non riesce a superarlo.
– Il primo varco lo trova nelle piccole valli che scendono dal passo delle Radici, il passo del Cerreto (motivo delle prime piogge sulla zona di Canossa/Casina).
– Il secondo varco lo abbiamo aggirando il Cimone dalle parti dell’Abetone e successivamente da Porretta Terme nel bolognese.

Il vortice di bassa pressione innesca un moto rotatorio antiorario, che richiama dalla Pianura aria attraverso i passi occidentali dell’Appennino tra Piacentino, Piemonte e Liguria.

Questo è il motivo per cui i temporali si muovono da est verso ovest.
Anche le temperature stanno risentendo dell’ingresso di queste correnti d’aria da dietro l’Appennino e la conferma arriva dalle stazioni meteo:

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Dott. Matteo Benevelli
Equinozio d’autunno 2023

Equinozio d’autunno 2023

Ore 08:50 del 23 settembre 2023
Questo segna l’inizio dell’autunno nell’emisfero settentrionale e l’inizio della primavera nell’emisfero meridionale.

Il termine “equinozio” deriva dal latino “aequinoctium”, che significa “notte uguale”. Questo nome riflette il fatto che, durante l’equinozio, la durata del giorno e della notte è approssimativamente la stessa in tutte le parti del mondo, con circa 12 ore di luce solare e 12 ore di oscurità. Questo equilibrio è il risultato dell’angolo di inclinazione dell’asse terrestre rispetto all’orbita intorno al Sole.

L’equinozio d’autunno segna il passaggio dall’estate all’autunno nell’emisfero settentrionale, e durante questa stagione, le giornate diventano progressivamente più corte e le temperature tendono a diminuire. Nell’emisfero meridionale, invece, l’equinozio d’autunno segna l’inizio della primavera, con giornate più lunghe e temperature in aumento.

Questi eventi astronomici sono importanti per molte culture in tutto il mondo e spesso sono associati a festività e celebrazioni. In molti luoghi, l’equinozio d’autunno è visto come un momento di transizione e di riflessione sulla natura ciclica della vita e delle stagioni.

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 Dott. Matteo Benevelli

Cumulonimbus calvus con Pileus

Cumulonimbus calvus con Pileus

Il tramonto di martedì sera è stato impreziosito da diverse cose particolari che riguardavano il nostro cielo. Abbiamo parlato della Luna cinerea, ma dalla parte opposta avevamo un meraviglioso Cumulonimbus calvus che si sviluppava lungo la via Emilia tra Modena e Bologna e veniva illuminato dagli ultimi raggi solari di un rosso intenso.
Non solo, questa nuvola presentava un accessorio in più, un meraviglioso “Pileus”.

Un “cumulonimbus calvus con pileus” è una nube convettiva molto sviluppata e ben riconoscibile che fa parte della famiglia delle cumulonimbus. Queste nubi sono associate a tempeste e a fenomeni meteorologici intensi. Vediamo cosa significa ciascun termine scomponendone il nome:

– Cumulonimbus: È una nube convettiva ad altissima estensione, spesso con una forma a torre o a fungo. Queste nubi portano generalmente a temporali intensi e possono essere associate a precipitazioni intense, fulmini, grandine, e persino tornado.

– Calvus: Questo termine deriva dal latino e significa “calvo” o “senza cappuccio”. Nelle nubi, “calvus” è utilizzato per descrivere una fase di sviluppo intermedio del cumulonimbus, in cui la sommità della nube inizia a perdere la forma arrotondata e a mostrare una parte piatta o appiattita.

– Pileus: Il “pileus” è un termine latino che significa “cappello”. Nel contesto delle nubi, il pileus è una caratteristica interessante. Si tratta di un piccolo cappuccio o cappello di nubi piatte, a forma di disco, che si forma sulla cima di una nube in crescita molto rapida, come il cumulonimbus. Il pileus indica una rapida crescita verticale della nube e spesso precede la formazione di un cumulonimbus completamente sviluppato.

In sintesi, un “cumulonimbus calvus con pileus” è una nube cumulonimbus che sta passando dalla fase di sviluppo iniziale (calvus) a una fase più matura e che presenta un cappuccio di nubi piatte sulla sua cima. Queste nubi sono spesso associate a tempeste in via di sviluppo e possono indicare un’atmosfera instabile e la potenziale formazione di fenomeni meteorologici intensi.

Fortunatamente con l’arrivo del buio l’energia in gioco è calata e il nostro Calvus ha seguito l’evoluzione inversa: Cumulus congestus, Cumulus mediocris, Cumulus humilis, Cumulus fractuse ………. caro il mio Cumulonimbus che volevi portare danni e tempesta… (per proseguire in latino) “memento mori” e si è estinto.

Ringraziamo il nostro utente: Luciano Lucio Russo di Talada Meteo (www.taladameteo.altervista.org) per le belle immagini che ritraggono la nube in quesitone in fase di sviluppo alle spalle della Pietra di Bismantova. La nube si trovava 60 Km oltre la Pietra.

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Dott. Matteo Benevelli

I gessi messiniani

I gessi messiniani

Da ieri si è fatto un gran parlare della splendida notizia riguardante i Gessi e le grotte dell’Appennino emiliano-romagnolo che entrano ufficialmente nella lista dei beni naturali del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Un ‘premio’ che tocca quattro province, quelle di Reggio Emilia, Bologna, Ravenna e Rimini, e porta a 16 i siti Unesco riconosciuti a vario titolo in Emilia-Romagna.
La decisione è stata presa dal Comitato internazionale dell’Unesco riunito a Riyad, in Arabia Saudita.

Per il reggiano si è parlato tantissimo dei gessi Triassici, che sono un po’ il bigliettino da visita più scenico e accattivante di questo titolo di pregio mondiale.
Ma abbiamo anche un secondo sito che entra ufficialmente nei patrimoni UNESCO e parliamo dei più bistrattati Gessi Messiniani della bassa Collina reggiana. Un sito Unesco a due passi dalla Città.
Noi siamo sempre piuttosto “alternativi” e vogliamo puntare i riflettori anche su questo sito.

Ma di cosa si tratta?

I “gessi messiniani” sono rocce sedimentarie che prendono il nome dal periodo geologico noto come Messiniano, che si è verificato circa 5,3-7,2 milioni di anni fa nell’era del Neogene. Questo periodo è caratterizzato da eventi climatici significativi, tra cui la chiusura parziale del Mar Mediterraneo, creando un ambiente marino parzialmente o completamente prosciugato.

I gessi messiniani sono depositi sedimentari formatisi in questo ambiente particolare. Sono composti principalmente da gesso, una roccia sedimentaria solubile formata da solfato di calcio idratato. Questi depositi di gesso sono spesso associati a evaporiti, che si sono formati quando l’acqua marina si è gradualmente evaporata a causa delle condizioni aride del periodo Messiniano.

L’evento di prosciugamento parziale del Mar Mediterraneo, noto come la “crisi di salinità messiniana,” ha avuto un impatto significativo sull’ambiente e sulla fauna marina. Durante questo periodo, il Mediterraneo divenne un’enorme depressione con un clima secco e desertico a causa della chiusura dello Stretto di Gibilterra. Quando le acque marine tornarono a riempire il bacino, ciò portò a importanti cambiamenti ambientali e biologici.

Tornando al reggiano, sulla Pedecollinare tra Scandiano, Albinea, Viano e Vezzano sul Crostolo, questi gessi affiorano alla luce e sono ben visibili.

Similmente ai Gessi bolognesi e romagnoli, ma su scala più limitata, i Gessi Reggiani presentano un paesaggio caratterizzato da scogliere, doline, gole e numerose grotte (circa quaranta), all’interno delle quali si sviluppa un complesso sistema idrologico praticamente invisibile dall’esterno. Gli affioramenti gessosi sono circondati a valle da depositi prevalentemente argillosi risalenti al Pliocene e sono protetti a monte da una dorsale di roccia calcarea e marnosa, con intervalli di arenaria, facente parte del complesso delle “Argille Scagliose”.

Nello scandianese abbiamo il primo affioramento della vena che si trova sul fianco occidentale del monte Evangelo nei pressi del Monte del Gesso (appunto). Questa zona è stata ampiamente sfruttata nei secoli scorsi per la produzione della calce e i resti delle fornaci dei cementifici sono ancora ben conservati nei pressi.

Qui la vena attraversa il torrente Tresinaro (che ne modella le forme) e si porta verso il territorio di Albinea.
Nel comune di Albinea abbiamo splendidi esempi di doline e la famosa “Tana della Mussina” sotto il castello di Borzano. Spostandoci verso occidente la vena prosegue toccando il territorio del Comune di Viano poco a nord della bellissima salsa di Casola Querciola. In fine, a Vezzano sul Crostolo, la vena incontra il torrente Crostolo. Qui sono ancora visibili le cave e i resti industriali degli scavi. Un lungo sistema di grotte percorreva il sottosuolo per l’estrazione della roccia.

Nell’articolo vi abbiamo proposto delle immagini che abbiamo raccolto insieme al CEAS Terre Reggiane – Tresinaro Secchia nei pressi del geosito dei Gessi del Comune di Scandiano dove il gesso incontra il Tresinaro e dove si può vedere la “Grotta della Volpe” sulla riva sinistra del torrente nei pressi di Jano.

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Dott. Matteo Benevelli