da Matteo Benevelli | Feb 10, 2022 | Geologia
Ha tremato forte la terra sotto la Pianura reggiana con due sismi ben distinguibili alle ore 19:55 e 21:00.
Soprattutto il secondo evento che ha raggiunto Magnitudo 4.3 è stato avvertito fino in Veneto in direzione Padova.
La zona interessata dalle due forti scosse (M 4.0 e M 4.3) è quella famosa tra Correggio e San Tomaso della Fossa, nota ai geologi e non solo per la presenza di una faglia piuttosto attiva. Faglia che di tanto in tanto si manifesta con scosse di discreta energia, ma che difficilmente diventano distruttivi. Per conformazione non si hanno notizie di eventi paragonabili alla ben più distruttiva faglia delle “pieghe ferraresi” che abbiamo purtroppo provato sulla nostra pelle nel 2012. Tuttavia le strutture necessitano sempre del giusto monitoraggio dopo eventi del genere.
La profondità dei due eventi è stata di circa 6/7 Km e li riconduce alla faglia appena citata.
Molta la paura nella cittadinanza che si è riversata sulle strade, ma non si hanno notizie di danni alle strutture, si registra solo la caduta di qualche soprammobile dalle mensole di alcune abitazioni.
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Aggiornamento del 10 Febbraio 2022
E’ trascorsa tutto sommato bene la notte dopo le due forti scosse che hanno spaventato gran parte dei reggiani (e non solo) che vivono tra Pianura e Pedecollinare.
Dalla forte scossa delle 21 di ieri sera si sono verificati altri 6 piccoli sismi strumentali di assestamento che non sono andati oltre la Magnitudo 2.7 e 2.6 registrate proprio in prossimità della forte scarica.
L’ultimo assestamento è un piccolo 2.0 e risale alle 04:48 di questa notte ad una profondità di 4 Km. La faglia è sempre la medesima, quella seppellita tra Correggio e San Tomaso della Fossa, formazione geologica conosciuta da tempo e che è stata capace in passato di sismi anche più intensi, ma ci auguriamo che non sia questo il caso dal momento che molta energia è stata scaricata con i due eventi della prima serata di ieri.
Il monitoraggio continua, altri piccoli assestamenti saranno probabili nelle prossime ore e nei prossimi giorni, ma ci auguriamo che si tratti di eventi puramente strumentali e non avvertibili dalla popolazione.
Non risultano danni dall’evento. L’onda sismica si è propagata soprattutto verso nord-est, molte sono state le segnalazioni da parte della popolazione del basso Veneto tra Verona, Padova e Rovigo, ma ovviamente anche dalle vicine Parma, Modena e Bologna.
L’intensità della scossa è stata ben percettibile poiché abbastanza superficiale.
Sotto la nostra Pianura abbiamo chilometri di terreno alluvionale trasportato dai fiumi, ma sotto di essi abbiamo l’Appennino che si spinge verso nord-est alla stessa velocità con la quale ci crescono le unghie delle mani. Questo movimento di compressione esercita molta forza e pressione sulle rocce presenti in profondità. Quando questa energia è superiore a quella tollerabile, le rocce scorrono una a fianco all’altra lungo delle spaccature che si chiamano “faglie”. L’energia viene quindi liberata in pochi secondi e si propaga come un’onda che scuote terreno circostante.
Abbiamo semplificato un concetto che merita un approfondimento più ampio, ma per capire quanto accaduto non è necessario scendere così in profondità.
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Dott. Matteo Benevelli
da Matteo Benevelli | Set 14, 2021 | Geologia
Terremoti in Collina 
Questa notte poco dopo le 04:00 si sono verificati 3 piccoli sismi sulla Collina reggiana poco a nord di Casina e poco a sud di Canossa.
Si è trattato di scosse di debole intensità, ma molto ravvicinati tra loro di cui l’ultimo potenzialmente percettibile dalle persone in zona:
04:02 – prima scossa – M 2.2 a 23,4 Km di profondità
04:13 – seconda scossa – M 2.4 a 5,7 Km di profondità
04:16 – terza scossa – M 2.6 a 8,6 Km di profondità
Una successione in crescendo che racconta di un movimento mediamente profondo che ha assestato le rocce anche ai piani superiori.
Un evento compressivo che rientra nelle normali dinamiche di spinta della placca africana verso quella indo-europea che è alla base della formazione del nostro Appennino.
Le tre scosse nel reggiano sono state precedute da un evento di pari intensità ma ben più profondo nel parmense.
Alle 22:48 nei pressi di Pellegrino Parmense (pochi chilometri a sud di Salsomaggiore Terme), è stata registratra una debolissima scossa di M 2.2 alla profondità di 62,4 Km.

Geologicamente, vista la profondità, si può tradurre come il movimento in subduzione della densa litosfera continentale sotto l’Appennino, mentre quelli più superficiali reggiani come il movimento di accavallamento della meno densa crosta continentale che si corruga.
Per farla semplice sotto i nostri piedi abbiamo due tipi di movimenti rocciosi che verificano nella normale dinamica di “seppellimento” della placca Africana verso quella Indo-Europea. Da questo scontro si originano il nostro Appennino e le Alpi più a nord.
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Dott. Matteo Benevelli
da Matteo Benevelli | Dic 1, 2020 | Geologia

Piccolo sciame sismico in Appennino

L’attenzione è completamente calamitata sulla perturbazione nevosa che da questa sera interesserà la nostra provincia, ma non possiamo trascurare un altro evento che sta interessando la nostra Montagna.
Nella mattinata di oggi si sono verificate 4 piccole scosse di terremoto:
– 10:34 magnitudo 2.6
– 10:38 magnitudo 2.3
– 11:30 magnitudo 2.2
– 11:56 magnitudo 2.6
Il primo evento si è verificato nella provincia di Massa Carrara poco distante da Lagastrello, ma i 3 eventi successivi si sono manifestati dietro l’Alpe di Succiso a pochissimi chilometri da Succiso Nuovo.
I 4 sismi sono legati all’attività di una faglia di sovrascorrimento che si trova a poco più di 9 Km di profondità e rientra nella normale attività di spinta della placca africana verso quella euroasiatica.
Il fatto che si siano verificati 4 sismi non sono per forza di cosa precursori di eventi più grandi, ma ovviamente il monitoraggio da parte dei sismologi non si fermerà.
Per tutto il resto della giornata non si sono verificate replice e l’intensità degli eventi è stata più che altro rilevata dagli strumenti e non dalla popolazione.
da Matteo Benevelli | Giu 22, 2020 | Ambiente, Geologia
Che le regioni artiche siano quelle più provate dai cambiamenti climatici è cosa nota, ma ciò che accade ormai da un anno in Siberia ha quasi dell’accanimento.
Solo nell’ultimo anno abbiamo assistito a devastanti incendi, un recente sversamento di gasolio in un fiume ed ora un’incessante ondata di calore che nella giornata di sabato 20 giugno ha raggiunto l’incredibile valore di 38°C a nord del Circolo Polare Artico.
Agosto del 2019 verrà ricordato per lungo tempo in Russia e non solo per i devastanti incendi che per settimane hanno interessato vaste porzioni di territorio russo in Siberia con nubi di fumo che hanno avvolto gran parte del territorio che va dalla Russia, al Giappone, alla Mongolia e parte della Cina. Multipli incendi hanno immesso nell’atmosfera una quantità enorme di anidride carbonica e ceneri che hanno avuto ripercussioni dannose per il nostro già provato clima.

Questione ampiamente trattata nel nostro articolo di allora e nei successivi. In quegli articoli facevamo riferimento anche al concreto rischio che tali eventi avrebbero potuto innescare un veloce scioglimento del “permafrost“, ovvero, un terreno tipico delle regioni artiche come l’estremo Nordeuropa, la Siberia e l’America settentrionale dove il suolo è perennemente ghiacciato. Uno strato che può variare da poche decine di metri a qualche centinaio e che spesso rappresenta lo strato di suolo su cui poggiano edifici, infrastrutture o intere Città.
Lo scioglimento di questo strato di suolo congelato determina la liberazione nell’atmosfera di ingenti quantità di Metano ed il Metano è uno dei gas climalteranti più pericolosi, con un efficacia nell’aumento dell’effetto serra di circa 30 volte superiore all’anidride carbonica.
E lo scioglimento del permafrost è all’origine di un altro disastro ambientale che di recente ha interessato le regioni artiche della Russia. Il 29 maggio, vicino a Norilsk, nella regione russa del Krasnojarsk della Siberia settentrionale, c’è stato un incidente in una centrale elettrica: una cisterna ha perso circa 20mila tonnellate di gasolio, che si sono riversate nei fiumi Ambarnaya e Daldykan, colorandoli di rosso e arrivando a decine di chilometri dal luogo dell’incidente. L’impianto è gestito dalla NTEK, una sussidiaria della Norilsk Nickel, una delle più importanti società al mondo di estrazione e fusione di nichel e palladio. Il cedimento della cisterna è stato causato da un cedimento del terreno sottostante che poggiava su uno strato di permafrost.

(Immagine satellitare ottenuta dall’ESA che mostra il fiume tinto di rosso dalla presenza in superficie del gasolio)
Al momento in cui scriviamo questo articolo (22 giugno 2020), la situazione non è ancora risolta. Il gasolio è arrivato fino al lago Pyasino che ha un bacino di circa 700 chilometri quadrati e si teme che con l’arrivo del caldo il gasolio possa raggiungere il fiume Pyasina e arrivare nel Mar Glaciale Artico.

Gli ambientalisti hanno accusato però la società di stare usando il riscaldamento globale come scusa per non assumersi le proprie responsabilità nel non aver fatto adeguati controlli sulla stabilità della struttura. Sia il WWF che Greenpeace hanno detto che il rischio che il permafrost si sciogliesse e portasse al cedimento di edifici era conosciuto da tutti, e che le autorità locali e la società avrebbero potuto evitarlo mesi prima mettendo in sicurezza il serbatoio.
Scusa o no, purtroppo, il riscaldamento della regione artica è drammaticamente osservabile già da qualche mese. Maggio è stato un mese record per il caldo anomalo registrato nell’intera fascia del Circolo Polare Artico e Giugno si appresta ad essere ben peggiore. Nella giornata di sabato 20 giugno 2020 il villaggio di Verkhoiansk ha registrato una temperatura di 38 gradi centigradi, quasi il doppio della media stagionale.
Per dovere di cronaca il villaggio in questione non è nuovo a sbalzi termici esagerati: nel 1892 ha raggiunto la cifra record di -67,8 gradi mentre lo scorso gennaio ha rilevato -57,2. Nel 1988 il caldo aveva toccato i 37,3 e solitamente la media in questo periodo dell’anno è sui 20 gradi.
Anche se questi ultimi dati sembrano far calare il clamore per il valore registrato in quel piccolo villaggio, va però detto che il caldo esageratamente anomalo della regione artica è ben più vasto e su scala mondiale. Il caldo anomalo sta interessando tanto la Siberia quanto il Canada ed il Nord Europa. Pur rimanendo fermi in Siberia, le città russe nel circolo polare artico hanno registrato temperature straordinarie, con Nizhnyaya Pesha che ha toccato i 30°C il 9 giugno e Khatanga, che di solito ha temperature diurne di circa 0°C in questo periodo dell’anno, raggiungendo i 25°C il 22 maggio. Il record precedente era di 12°C.
E considerate che questi valori esagerati di caldo arrivano proprio nel momento in cui per via delle restrizioni dovute alla pandemia di Covid-19 le emissioni di gas climalteranti sono crollate di quasi un 50% rispetto al solito. Pertanto se in molti si chiedevano che impatto avrebbe avuto il Covid-19 sul clima ha avuto la peggiore delle risposte, ovvero… nessuno.
Il mondo scientifico, però, era già ben conscio di questa risposta e non nutriva alcuna speranza in un solo mese di diminuzione dell’emissione di gas serra. Occorre un periodo ben più lungo per sortire degli effetti e non si parla di mesi, e probabilmente nemmeno di anni perché il cambiamento climatico è già iniziato e da questi campanelli d’allarme sembra che si sia innescato un meccanismo a catena che porterà ad effetti difficilmente arrestabili.

L’anidride carbonica e gli ossidi di azoto immessi nell’atmosfera riscaldano il Pianeta, gli incendi immettono altra anidride carbonica che peggiora ulteriormente l’effetto serra, che scalda ulteriormente il Pianeta, che a sua volta vede lo scioglimento del Permafrost che immette nell’atmosfera il Metano che è trenta volte più efficace dell’anidride carbonica nel far salire le temperature nel nostro Pianeta… e via via di seguito.
Il riscaldamento delle regioni artiche ha grandi ripercussioni nelle correnti d’aria che percorrono il nostro globo in lungo e in largo. L’inizio di questa Estate in Italia e nella nostra provincia ha dato l’impressione di essere stato timido, ma in realtà siamo leggermente sopra la media climatica degli ultimi 30 anni ed in generale a livello globale il nostro Pianeta si sta surriscaldando.
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Dott. Matteo Benevelli
da Matteo Benevelli | Giu 18, 2020 | Geologia
Nella giornata di mercoledì 17 non registriamo solamente un forte evento temporalesco sul comprensorio ceramico, ma registriamo anche una lieve scossa di terremoto che torna ad interessare la Pianura.
Poco distante dalla scossa di 2.4 della notte del 13 giugno, mercoledì 17 alle 21:10 si è verificata una seconda scossa di terremoto di magnitudo 2.7.
Le due scosse non sono strettamente legate tra loro, poiché avvenute a profondità diverse ed attivate da due differenti faglie. La prima venne registrata ad una profondità di 23 Km, mentre quella di ieri ad una profondità intermedia di 6,3 Km. La scossa è stata piuttosto lieve, ma alcuni cittadini di Bagnolo e zone limitrofe l’hanno avvertita distintamente. L’epicentro, con esattezza, si trova in località San Michele della Fossa, zona già nota per la sua faglia che in passato ha dato vita ad eventi sismici ben più intensi.
Come notate dalle nostre news, il nostro territorio è spesso interessato da eventi sismici e questo perché siamo in una zona fortemente interessata per via della spinta tettonica del nostro Appennino verso le Alpi, un movimento che ogni anno ci sposta di circa 1 cm verso nord-est. Eventi del genere, quindi, erano presenti in passato, sono presenti ora e lo saranno anche in futuro.
L’evento per il momento non ha dato seguito ad uno sciame, esattamente come per l’evento che lo aveva preceduto il giorno 13, pertanto anche in questo caso è lecito non attendersi altre repliche, ma è necessario ancora un po’ di tempo per affermarlo con certezza.
da Matteo Benevelli | Giu 12, 2020 | Geologia
? Terremoto in Appennino ?
Nella giornata di ieri ha tremato più volte il suolo del nostro Appennino e di quello modenese.
I sismografi hanno registrato 5 distinte scosse telluriche iniziate ieri 11 giugno alle ore 14:25 con un evento di magnitudo 3.0 alla quale sono seguite altre 4 scosse di assestamento, di cui due da 3.0:
14:25 magnitudo 3.1 profondità 8,1 Km
17:15 magnitudo 2.7 profondità 9,0 Km
18:46 mangitudo 3.0 profondità 9,1 Km
20:55 magnitudo 2.2 profondità 8,9 Km
20:59 magnitudo 3.0 profondità 8,6 Km
Come si nota dall’elenco le scosse si sono concentrate di una fascia ristretta di tempo, sempre a profondità simili e arealmente in una zona ristretta di territorio tra Frassinoro e Toano. La località più prossima è quella di Farneta in territorio modenese nota per la centrale idroelettrica che fornisce corrente elettrica a moltissime utenze (assolutamente non a rischio per scosse di così poco conto).

La zona è sismicamente attiva e conosciuta ai geologi poiché attraversata da faglie attive, di cui una molto vasta che interessa proprio il basamento.
Per il momento non risultano altri movimenti tellurici e ciò fa ben sperare che tutta l’energia in gioco sia stata dissipata con questi 5 eventi, di cui almeno 3 avvertiti distintamente dalla popolazione in zona.