I gessi messiniani

I gessi messiniani

Da ieri si è fatto un gran parlare della splendida notizia riguardante i Gessi e le grotte dell’Appennino emiliano-romagnolo che entrano ufficialmente nella lista dei beni naturali del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Un ‘premio’ che tocca quattro province, quelle di Reggio Emilia, Bologna, Ravenna e Rimini, e porta a 16 i siti Unesco riconosciuti a vario titolo in Emilia-Romagna.
La decisione è stata presa dal Comitato internazionale dell’Unesco riunito a Riyad, in Arabia Saudita.

Per il reggiano si è parlato tantissimo dei gessi Triassici, che sono un po’ il bigliettino da visita più scenico e accattivante di questo titolo di pregio mondiale.
Ma abbiamo anche un secondo sito che entra ufficialmente nei patrimoni UNESCO e parliamo dei più bistrattati Gessi Messiniani della bassa Collina reggiana. Un sito Unesco a due passi dalla Città.
Noi siamo sempre piuttosto “alternativi” e vogliamo puntare i riflettori anche su questo sito.

Ma di cosa si tratta?

I “gessi messiniani” sono rocce sedimentarie che prendono il nome dal periodo geologico noto come Messiniano, che si è verificato circa 5,3-7,2 milioni di anni fa nell’era del Neogene. Questo periodo è caratterizzato da eventi climatici significativi, tra cui la chiusura parziale del Mar Mediterraneo, creando un ambiente marino parzialmente o completamente prosciugato.

I gessi messiniani sono depositi sedimentari formatisi in questo ambiente particolare. Sono composti principalmente da gesso, una roccia sedimentaria solubile formata da solfato di calcio idratato. Questi depositi di gesso sono spesso associati a evaporiti, che si sono formati quando l’acqua marina si è gradualmente evaporata a causa delle condizioni aride del periodo Messiniano.

L’evento di prosciugamento parziale del Mar Mediterraneo, noto come la “crisi di salinità messiniana,” ha avuto un impatto significativo sull’ambiente e sulla fauna marina. Durante questo periodo, il Mediterraneo divenne un’enorme depressione con un clima secco e desertico a causa della chiusura dello Stretto di Gibilterra. Quando le acque marine tornarono a riempire il bacino, ciò portò a importanti cambiamenti ambientali e biologici.

Tornando al reggiano, sulla Pedecollinare tra Scandiano, Albinea, Viano e Vezzano sul Crostolo, questi gessi affiorano alla luce e sono ben visibili.

Similmente ai Gessi bolognesi e romagnoli, ma su scala più limitata, i Gessi Reggiani presentano un paesaggio caratterizzato da scogliere, doline, gole e numerose grotte (circa quaranta), all’interno delle quali si sviluppa un complesso sistema idrologico praticamente invisibile dall’esterno. Gli affioramenti gessosi sono circondati a valle da depositi prevalentemente argillosi risalenti al Pliocene e sono protetti a monte da una dorsale di roccia calcarea e marnosa, con intervalli di arenaria, facente parte del complesso delle “Argille Scagliose”.

Nello scandianese abbiamo il primo affioramento della vena che si trova sul fianco occidentale del monte Evangelo nei pressi del Monte del Gesso (appunto). Questa zona è stata ampiamente sfruttata nei secoli scorsi per la produzione della calce e i resti delle fornaci dei cementifici sono ancora ben conservati nei pressi.

Qui la vena attraversa il torrente Tresinaro (che ne modella le forme) e si porta verso il territorio di Albinea.
Nel comune di Albinea abbiamo splendidi esempi di doline e la famosa “Tana della Mussina” sotto il castello di Borzano. Spostandoci verso occidente la vena prosegue toccando il territorio del Comune di Viano poco a nord della bellissima salsa di Casola Querciola. In fine, a Vezzano sul Crostolo, la vena incontra il torrente Crostolo. Qui sono ancora visibili le cave e i resti industriali degli scavi. Un lungo sistema di grotte percorreva il sottosuolo per l’estrazione della roccia.

Nell’articolo vi abbiamo proposto delle immagini che abbiamo raccolto insieme al CEAS Terre Reggiane – Tresinaro Secchia nei pressi del geosito dei Gessi del Comune di Scandiano dove il gesso incontra il Tresinaro e dove si può vedere la “Grotta della Volpe” sulla riva sinistra del torrente nei pressi di Jano.

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Dott. Matteo Benevelli

Perché un terremoto così devastante in Marocco?

Perché un terremoto così devastante in Marocco?

Sugli organi di stampa di tutto il Mondo l’attenzione è sull’evento sismico accaduto nella tarda serata di ieri in Marocco. Una terribile scossa che ha gettato nel panico diversi villaggi e la città di Marrakech.

Magnitudo 6.8 con una profondità di “soli” 9,8 Km in una zona dal suolo prevalentemente roccioso, quindi, esposto all’energia del sisma che amplifica la sua azione distruttiva sugli edifici. Edifici che sicuramente non hanno criteri antisisma in grado di resistere ad un quantitativo di energia del genere.

Le stime più recenti parlano di 1.037 morti, ma questo numero è ampiamente provvisorio. I villaggi tra le gole impervie dell’Alto Atlante verranno raggiunti solo nei prossimi giorni e il dato definitivo potrebbe essere sensibilmente maggiore.

Era prevedibile un evento del genere?
Ovviamente no, nessuno può prevedere un terremoto; tuttavia, la zona interessata non deve sorprendere più di tanto. Una catena montuosa che tocca i 4.000 metri non nasce dal mattino alla sera e il nostro Appennino insegna.

Come mai quella zona?
L’Atlante è un sistema montuoso di 2.500 chilometri di estensione, dalle coste atlantiche marocchine di Agadir, fino a quelle mediterranee della Tunisia in fronte al canale di Sicilia.
L’innalzamento della catena montuosa dell’Atlante ricalca per meccanica la stessa del nostro Appennino e delle Alpi. Stiamo parlando dello scontro tra placca africana e placca indoeuropea, un evento iniziato nel paleozoico 300 milioni di anni fa con l’innalzamento dell’Anti Atlante e che ancora è in corso.

Quindi esistono delle faglie come quelle che si trovano sotto il nostro Appennino?
Esattamente, lungo tutta la sua lunghezza abbiamo diversi sistemi di faglie e i terremoti non sono per niente rari. Una scossa come quella avvertita ieri sera è probabilmente uno di quegli eventi che si presentano solo dopo secoli di tempo, come per il nostro sisma dell’Emilia, ma quando si manifestano lo fanno con una forza devastante. Soprattutto in questo caso, perché in Marocco non abbiamo un “cuscinetto” di detriti alluvionali a fare da ammortizzatore nella propagazione delle onde nel suolo. Per non parlare dell’energia che è di gran lunga maggiore rispetto a quanto accaduto in Emilia. Sarebbe più corretto paragonare questo sisma a quello avvenuto in Irpinia il 23 novembre 1980, quando si manifestò una scossa di magnitudo 6.9 alla medesima profondità di 10 Km causando 2.914 morti.

Innalzare una catena montuosa di 4.000 metri richiede un enorme quantitativo di energia. L’Alto Atlante è una delle uniche zone del continente africano dove nevica periodicamente e copiosamente. Durante le ere glaciali, l’Alto Atlante era coperto da ghiacciai che hanno scavato valli glaciali e formati laghi. Le tracce di queste attività glaciali possono ancora essere osservate in alcune parti della catena montuosa.

La violenta dinamica di questi scontri si può leggere nelle tormentate pareti rocciose delle montagne che mostrano ampie pieghe rocciose rivolte su loro stesse ed erose dagli agenti atmosferici e i fiumi che sinuosamente scendono a valle tra gole, canyon e grandi cascate.

Stiamo parlando di zone frequentate da diversi turisti, che soprattutto in inverno percorrono quelle zone per raggiungere, da Marrakech, le dune del deserto del Sahara più a sud.
Zone ricche di fossili e minerali che vengono ampiamente commercializzati dagli abitanti locali.

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 Dott. Matteo Benevelli

Scherzi della Natura

Scherzi della Natura

🌊 Scherzi della Natura 🎯

Alle volte l’ironia di alcuni eventi sembra quasi crudele. L’accanimento di eventi Naturali lungo la valle del Secchia in questo mese di giugno ha quasi del sospetto.

In meno di 20 giorni abbiamo assistito a 4 eventi alluvionali, 1 frana di gigantesche proporzioni, numerosi smottamenti ed ora uno sciame sismico che conta ben 18 micro-terremoti.

Appurato che l’attività vulcanica è da escludersi del tutto, si può affermare che tutto quello che è nel catagolo del dissesto idro-geologico sia stato toccato.

Va però ammesso che questi eventi hanno creato disagi veramente minimi alla nostra popolazione (ad eccezione di chi è stato colpito direttamente dagli eventi alluvionali), quindi c’è da dire che è andata bene così.
E’ andata bene perché si è trattato di eventi in cui l’uomo può fare ben poco per fronteggiarli. Si deve analizzare bene ciò che è accaduto, riflettere e mettere in atto nuove strategie che vedono la necessità di rifare molti calcoli e nuove tarature delle soglie di sicurezza.

Sfruttando le immagini satellitari dello strumento Sentinel-2 della Comunità Europea e ESA abbiamo fatto un riassunto di quanto accaduto, mostrandovi anche la famosa frana di Cà Lita vista dall’alto.

In tutta la sua lunghezza si vede una lingua di argilla che dall’alto scende verso valle. Una colata argillosa imponente che vede all’opera diversi mezzi per la movimentazione terra attivi giorno e notte.

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Dott. Matteo Benevelli

Un fine settimana da incubo per Baiso

Un fine settimana da incubo per Baiso

Non c’è pace per il piccolo Comune di Collina che da giorni è alle prese con un dissesto idrogeologico di grandissime proporzioni.
Ultimo in ordine di tempo è stato il terribile fine settimana del 03 e 04 giugno che ha visto in sole 24 ore scatenarsi un doppio nubifragio con colate di fango che hanno invaso abitazioni e interrotto strade.

Eventi di per sé molto rari, ma se la stessa zona viene colpita due volte dal medesimo evento calamitoso, il tutto assume di caratteri sconcertanti.

La meccanica è sempre la stessa: mattinata tranquilla con formazione di una vasta linea temporalesca lungo l’intera dorsale appenninica che muove gradualmente verso la Pedecollinare travolgendo tutto ciò che trova lungo il percorso a seconda della conformazione del territorio. Questa conformazione ha voluto che per ben due volte la zona di Ponte Secchia, Gavia e Debbia abbia ricevuto frontalmente un quantitativo di acque piovane che si stima attorno ai 70 mm con tanto di grandine di notevole dimensione.

Il nubifragio ha colpito una porzione di territorio “relativamente” pianeggiante (per essere il fianco di una collina), con campi coltivati che hanno fatto da gigantesco imbuto per le piogge. Questo imbuto ha concentrato gli accumuli in veri e propri torrenti improvvisati nel mezzo dei campi che sono convogliati verso valle. Il problema è sopraggiunto quando sul percorso di questi corsi d’acqua si sono venuti a trovare centri abitati e strade trafficate.

Si poteva fare qualcosa per impedire quanto accaduto?
A nostro modesto parere no. Il volume di acqua caduto, la conformazione geomorfologica del territorio e la peculiarità di quanto successo ci fanno esprimere questo giudizio. Dal cielo è caduta troppa acqua e i canali di scolo non potevano contenerla tutta. Dobbiamo arrenderci al fatto che non possiamo controllare la Natura in tutti i suoi aspetti. Alle volte questa si manifesta con una forza tale che non possiamo che rimanerne travolti.

Colpa dei cambiamenti climatici?
Ni … nel senso che non vogliamo abusare troppo di un termine alla moda solo per il fatto che fa clamore. I cambiamenti climatici ci sono e non potremo fermarli. Questo è indiscutibile, ma nubifragi e allagamenti accadono oggi come in passato. Tuttavia, il cambiamento climatico in atto farà sì che eventi del genere accadano più di frequente e con energia maggiore.

Sabato 03 giugno
Nel primo dopo pranzo una potente cella temporalesca è cresciuta alla convergenza delle valli di Secchia e Dolo. L’impatto è avvenuto frontalmente davanti al fianco de La Costa, sopra l’abitato di Ponte Secchia. In questa zona, ricca di campi coltivati e qualche bosco sui pendii più ripidi, si è riversata una notevole quantità di pioggia. Questa cadendo su un suolo saturo e relativamente pianeggiante è defluita a gran velocità verso valle in direzione Ponte Secchia. Lungo il percorso il canale è stato arricchito di acque reflue che giungevano da un nuovo reticolo idraulico “improvvisato” che ha fatto crescere il canale al punto di fargli raggiungere diversi metri di larghezza. La velocità dell’acqua ha fatto aumentare l’erosione e fatto sì che prendesse in carico grandi massi che si sono riversati sulla sottostante strada provinciale che da Ponte Secchia va in direzione Gatta. L’acqua, poi, è giunta in Secchia attraversando la rotonda per Cerredolo e allagando purtroppo alcune attività presenti lungo la strada.

 

 

 

 

Domenica 04 giugno
Le previsioni per la giornata non erano ottime, si era già pronti ad un evento simile a quanto visto il giorno precedente. I temporali hanno preso forma nel dopo pranzo con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia. Le nubi sono cresciute velocemente in verticalità ed hanno colpito prima il territorio tra Villa Minozzo e Toano con oltre 40 mm di pioggia. Successivamente la cella si è avvicinata a Ponte Secchia alimentandosi di altra energia in arrivo dalla valle del Dolo. Questo ha innescato altra velocità verso l’alto che ha portato alla formazione di chicchi di grandine di grandi dimensioni. La cella temporalesca, quindi, è risultata più grande del giorno precedente ed ha interessato una porzione del fianco della Collina maggiore. Il violento nubifragio che ne è scaturito ha riversato grandi quantitativi di pioggia anche nelle piccole valli a fianco e le acque reflue risultanti hanno portato allo sviluppo di rivoli d’acqua di notevole potenza tra le località di Debbia, Pino Basso, Gavia e nuovamente Ponte Secchia.
I detriti hanno invaso i cortili e le abitazioni di diversi residenti che hanno subito danni materiali ma fortunatamente non fisici.
I corsi d’acqua non hanno potuto gestire il volume di acqua arrivato in pochissimi minuti a valle. Sono state erose strade e portato allo scoperto tubazioni sotterranee che hanno reso necessario l’intervento dei tecnici.

Sono intervenute diverse squadre di Volontari della Protezione Civile attivati dal Coordinamento Provinciale di Reggio Emilia, Vigili del Fuoco, Polizia Locale e Carabinieri. I lavori di messa in sicurezza sono andati avanti fino a notte inoltrata quando sono stati posizionati gli ultimi sacchi di sabbia e le torri faro arrivate fino a Ponte Secchia da Gualtieri.

Frana di Cà Lita

Altro esempio di dissesto idrogeologico innescato dagli eventi iniziati già nel mese di maggio sono quelli che possiamo vedere nei pressi di Levizzano di Baiso. Qui dopo anni di relativa calma ha ripreso a correre la gigantesca frana di Cà Lita, una colata di argilla tra le più grandi d’Europa che si manifestò con gran violenza nel 2004.
Giorno e notte sono attivi gli scavatori per rimuovere l’argilla che scende velocemente da monte verso valle minacciando la sottostante strada SP846R delle Radici. Allo stesso tempo, però, minaccia alcune abitazioni e lo stesso fiume Secchia poco più avanti. Sul posto sono impiegati: 8 scavatori, 2 ruspe, 12 camion a quattro assi e 3 dumper. A inizio week-end si stimavano 50.000 metri cubi di argilla rimossa, ora il dato è sicuramente maggiore, poiché si procede a 12.000 metri cubi di materiale al giorno.

Le piogge appesantiscono il suolo e questo per forza di gravità scende a valle. Le previsioni meteo per i prossimi giorni vedono ancora molta pioggia per il nostro Appennino e ciò non gioca di certo a favore dei geologi e degli operai sul posto.

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 Dott. Matteo Benevelli

Piogge copiose interesseranno il Piemonte con ripercussioni sul Po

Piogge copiose interesseranno il Piemonte con ripercussioni sul Po

🌊 Fiume Po – Parte 2🌊

Proseguiamo il discorso fatto nel nostro post di ieri, nel quale vi abbiamo spiegato per quale ragione il Grande Fiume non abbia minimamente risentito di quanto accaduto in Romagna e nel bolognese.

Le onde di Piena di Secchia e Panaro hanno raggiunto da poco il Po, ma anche il loro apporto non ha generato alcuna conseguenza. Da un lato perché il Panaro scarica prima e lo fa più a valle, e un po’ perché il Secchia impiega più tempo e sfocia molto a più a monte e distante rispetto al Panaro.

Vi abbiamo anche spiegato che il Po per dare segni di nervosismo necessita di precipitazioni che interessino il nord-ovest e non l’Emilia-Romagna.
Ed eccoci alle porte di una nuova perturbazione. I riflettori (a giusta ragione) sono puntati sulla Romagna che sta soffrendo di quanto accaduto e che impiegherà moltissimo tempo a riprendersi. Il terreno stesso impiegherà settimane o mesi per assestarsi e tornare in condizioni di normalità idro-geologica. Ma ovunque leggiamo del fatto che si tratterà di una perturbazione che in quelle zone avrà un impatto minore e più debole di quanto passato ad inizio mese e solo 2 giorni fa.

E quindi questa perturbazione cos’ha di particolare?
Questo impulso di pioggia vede un minimo depressionario collocato in un posto diverso rispetto all’Adriatico e per tale ragione avrà dinamiche e comportamenti completamente diversi.
Le piogge, infatti, interesseranno debolmente o moderatamente la nostra Regione, ma poi proseguiranno verso l’interno della Pianura Padana andando ad impattare contro le Alpi.

Un evento di Stau nel nord-ovest?
Esattamente, avremo un evento simile (per dinamica…) a quanto accaduto da noi. Molta pioggia cadrà sulle Alpi piemontesi con accumuli che potrebbero superare i 100/150 mm in diverse zone tra Torino e Cuneo.

Ci sono dei pericoli per noi?
Il fiume Po è estremamente basso, ma vi diamo questa notizia perché sicuramente si tratterà di qualcosa che potrebbe far salire il livello del Grande Fiume che attualmente soffre di carenza d’acqua.
Tuttavia non possiamo escludere del tutto ogni ipotesi, sarà necessario un lungo monitoraggio perché la perturbazione minaccia di interessare costantemente quella zona per ben 3 giorni interi con accumuli importanti.

Potrebbe succedere quello che abbiamo visto in Romagna?
Ci auguriamo proprio di no, il territorio è geologicamente molto diverso dalle nostre colline argillose ed impermeabili. Potrebbero verificarsi degli allagamenti, qualche crollo o frana, ma si tratterebbe di dinamiche con sviluppi molto diversi rispetto alla Romagna. Come detto in precedenza dovremo monitorare il tutto man mano che la perturbazione matura perché ormai molti manuali sono da riscrivere da capo.

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Dott. Matteo Benevelli

Molti terremoti in una giornata sola

Molti terremoti in una giornata sola

La giornata di giovedì 22 ha visto una insolita attività sismica nel nostro Appennino con diverse scosse di discreta intensità tra Ascoli Piceno e Genova passando dall’Appennino Tosco-Emiliano. Per carcare di fare un po’ di chiarezza ricorreremo alle nostre domande/risposte sperando di soddisfare la vostra curiosità e ridurre i vostri timori.

Ma cosa sta accadendo in Italia, è tutto normale?
Allarme spoiler! Si… è tutto normale. Ora chi ha nozioni di base di geologia è libero di saltare il resto del nostro discorso, se invece non ne siete convinti proviamo ad andare più in profondità.

Come mai ci sono stati 4 eventi sismici forti in 4 zone diverse del nostro stivale?
Le scosse di oggi sono state molto intense (per quel che riguarda il nostro Paese, paragonato ad altre zone del Mondo si è trattato di eventi trascurabili), ma è normale che si verifichino qui in Italia. Il fatto che se ne siano mostrate 4 in 4 zone diverse ed in un solo giorno è una pura coincidenza. Eventi di magnitudo 4 accadono con una cadenza di uno ogni 2 settimane circa (dato assolutamente aleatorio e puramente indicativo, che serve per farvi capire che non sono rari) e nella sola giornata del 22 ne abbiamo registrati 2: 4.1 a Folignano di Ascoli Piceno (con un assestamento di 3.6) e un 4.1 a Bargagli sui monti vicino a Genova.
Gli altri sismi in questione erano di magnitudo poco inferiore con un 3.8 a Pievepelago sull’Appennino modenese (al quale è seguito un assestamento di magnitudo 3.2) e un 3.6 a Paternò nel catanese.

Come può essere normale una condizione del genere?
L’Italia è notoriamente una zona sismica da sempre e lo sarà sempre. Lo si nota chiaramente per la presenza di figure geologiche come la catena delle Alpi, la catena Appenninica e per via di tutti quei vulcani che nel presente e nel passato sono cosparsi sulla nostra terra ferma e sotto il mar Tirreno. Questo perché l’Italia è una vera e propria palestra a cielo aperto per il Geologi. La grande placca africana impatta frontalmente contro la placca Euro-Asiatica e da questo scontro di “zattere” si manifestano i terremoti. Questa spinta non è arrestabile ed è alla base di tutti gli eventi sismici che abbiamo in Italia e anzi… ad essere precisi questo sistema coinvolge anche i paesi oltre l’Adriatico come l’Albania e la Croazia dove sovente abbiamo eventi sismici di notevole forza.

Ma in questi giorni si è sentito di eventi molto potenti anche in altre zone del Mondo.
Verissimo, si sono verificati dei sismi particolarmente potenti, tra cui il terribile 7.5 registrato in Messico il 19 settembre con le due scosse di assestamento di 6.1 il 20 settembre e 6.8 il 22 settembre. Un 6.6 a Taiwan il giorno del 17 settembre e 6.1 nella Kamchatka (non solo famosa per Risiko, ma anche per la sua enorme quantità di vulcani). Va però detto che questi eventi si sono formati lungo quello che viene chiamato “l’anello di fuoco”, zona ricca di fosse oceaniche e vulcani dove l’attività sismica violenta è all’ordine del giorno.

Quindi possiamo stare tranquilli?
Assolutamente si, resta da dire che i terremoti non sono prevedibili… così come non era prevedibile che nella giornata di oggi si sarebbero verificati degli eventi così ravvicinati, ma così ha voluto il caso.

Ma voi vi occupate di meteorologia, cosa ne volete sapere?
Osservazione corretta, ma nel nostro staff abbiamo alle spalle e nel curriculum numerosissimi esami universitari di geologia l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, proprio di Vulcanologia. La nostra maestra alle elementari ci diceva sempre che avevamo la testa tra le nuvole… e noi ne abbiamo fatto una questione di principio.

Ma cosa centra la vulcanologia? Non abbiamo vulcani qui!
Visto l’andazzo di questi ultimi due/tre anni non ci metteremmo la mano sul fuoco…

Non si scherza con i terremoti!
Vero… il fatto che non siano prevedibili li rende particolarmente subdoli. E’ nostro dovere e piacere cercare di farveli conoscere nel profondo e di parlarne con leggerezza per farvi capire che con la consapevolezza li si possono temere di meno. Perdonate quindi il nostro tono scherzoso, in Italia avremo sempre dei terremoti improvvisi, fortunatamente si tratta quasi sempre di eventi deboli che fanno danni quasi nulli, ma sicuramente un gran spavento. Quanto accaduto nel 2012 è ancora vivo nella memoria di molti di noi, ma con la consapevolezza che un evento come quello si verifica con la cadenza di 400 anni circa… pertanto ci auguriamo di non doverne più parlare per qualche centinaio di anni.

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 Dott. Matteo Benevelli